
Tuttavia, per quanto di enorme influenza sociale, è il suo successore ad essere entrato nella cultura pop americana -con i suoi due milioni di copie vendute e l'imponente esposizione mediatica della quale ha goduto, The Predator fa parte di quelle pietre miliari sulle quali sarebbe delittuoso soprassedere. Purtroppo, vista l'aria che tira e considerate anche le mediocrità che il Nostro ci ha regalato da Lethal Injection in poi, la mia impressione è che questo disco rischi di trasformarsi nella solita chicca da aficionados, e da qui la mia decisione di riproporlo.
Tanto per cominciare, i beat: saranno anche passati 16 anni, ma come si possono tralasciare cose come We Had To Tear This Mothafucka Up, Wicked (che straccia la cover dei Korn come e quando vuole) o la celeberrima It Was A Good Day- dove l'uso del campione di
Naturalmente non si può scordare Cube stesso: certamente meno creativo che in AmeriKKKa's Most Wanted (ad esempio, Gangsta's Fairytale 2 non è, non può essere all'altezza dell'originale), forse meno "socialmente impegnato" che in Death Certificate, resta però il fatto che questo dischi sintetizzi perfettamente la figura artistica di O'Shea Jackson: tecnica impeccabile, stile personale, rime d'impatto e ancor'oggi non scontate, c'è tutto quello che uno potrebbe desiderare. Francamente, tolta qualche piccola svista come Dirty Mack, non ho davvero nulla da eccepire. Giusto dei rincoglioniti storici come i signori di Rolling Stone potevano degradare un simile album, ma fortunatamente la storia gli ha inciso la parola "imbecilli" in fronte già da molto tempo.
In conclusione, uno dei miei dischi preferiti di sempre dacché lo sentì duplicato su cassetta nel '96; un ennesimo doloroso ricordo dell'Ice Cube che fu e, in ultima analisi, un prodotto quasi all'altezza sia di AmeriKKKa's Most Wanted che di Death Certificate- considerando che stiamo parlando di un classico e mezzo (a voler essere severi), non è poco.

VIDEO: IT WAS A GOOD DAY
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