PRESTO - STATE OF THE ART (Concrete Grooves, 2008)

martedì 2 dicembre 2008

Vi anticipo che a fine anno pubblicherò una sorta di microsondaggio nel quale chiederò un par di consigli inerenti il blog, ma se tra questi dovesse saltare fuori qualcosa di anche solo lontanamente correlabile alla regolarità di pubblicazione dei dischi, sappiate che lo ignorerò: un po' perché alle volte mi piace lasciare il tempo alle persone di ascoltarsi un disco, e un po' perchè -ovviamente- alle volte mi capita di non avere voglia di scrivere alcunché. Nella fattispecie, se da martedì a ieri sera ho allegramente cazzeggiato è anche vero che sarebbe stato delittuoso accostare due bei dischi come il precedente Travel At Your Own Pace e questo State Of the Art perchè, proprio per via dell'analoga bontà e delle radici in comune, finirebbero per sovrapporsi nella mente dell'ascoltatore. Al contrario, ciascuno va assaporato singolarmente, nello stesso modo in cui dopo cena si prende un dolce e non due diversi, per quanto buoni possano essere.
Ma dicevo delle comuni radici: non geografiche -Presto è californiano- ma stilistiche e musicali, e cioè le origini dei primi ibridi tra jazz e rap. Anche in questo caso, infatti, abbiamo di fronte un produttore che pesca a piene mani a dal repertorio delle varie Blue Note o Impulse di fine anni '50, strizzando al contempo un occhio a chi per primo fece ciò per i Native Tongues e compagnia bella; tuttavia, laddove Damu aveva un'impronta più "rara" da trovarsi oggigiorno (e cioè un sound tendenzialmente più ruvido, accostabile ai primissimi anni '90), qui invece si sposta l'asticella dell'ispirazione alla metà dello scorso decennio. Non è poi un caso che a mixare buona parte delle canzoni sia Troy Hightower, che al di là di essere un tecnico del suono coi controcoglioni -ce lo ricorda in ogni traccia da lui curata- è anche colui che sta dietro a pezzi storici come In Vetro (Organized Konfusion), How High (Red & Meth), I Juswannachill (Large Pro) o 1999 (Common & Sadat X). Da questo punto di vista tutto torna, quindi, ma non so quanto senso possa avere relegare anche State Of The Art a semplice "throwback album" come mille altri.
Difatti, se da un lato si potrebbe contestare al progetto una scarsa originalità, è anche vero che non solo si potrebbe controbattere "dopotutto cosa lo è?", ma soprattutto si dovrebbe dire che ciò non è vero sic et simpliciter. Una simile sentenza sarebbe superficiale, oltreché falsa, perchè sono in pochi ad osare un approccio così ortodosso e privo di fronzoli dove l'equilibrio tra bontà del campione e utilizzo delle batterie e del basso dev'essere calibrato con la massima attenzione; non a caso, di dischi aventi un suono così "organico" ma allo stesso tempo ruvido ve ne sono pochissimi in giro, al massimo qualche traccia quà e là. Serve una prova? Allora il singolo Conquer Mentally è forse l'esempio migliore dell'originalità e del talento di Presto, in quanto quest'ultimo si fa bastare poche note di piano, un campione appena sussurrato di tromba e, ovviamente, basso&batteria per creare una traccia ben più significativa e memorabile di svariate altre composizioni di suoi colleghi. Questa capacità di stupire non è data secondo me solo dalla linea di basso, davvero essenziale in questo caso e giustamente spinta, ma anche dall'uso di hihats aperti e della quadrupla ripetizione della stessa nota ogni otto battute, che risulta tanto scarna quanto fondamentale per spezzare un ritmo altrimenti regolare quanto non mai; un simile approccio, minimalista anche all'interno del contesto dei primi anni '90, è esattamente il motivo principale per cui mi sento di elogiare l'intero disco. Ma per tornare a Conquer Mentally, vorrei aggiungere che a coronarne l'eccellenza ci sono tre pilastri del good 'ole boombap -vale a dire Sadat X, O.C. e Large Pro- che pur non producendo le strofe migliori delle loro carriere vanno a complementare eccellentemente una delle tracce migliori tra le diciotto presenti sul disco (incluso, ebbene sì, il remix di Large Pro stesso).
Analoga bontà viene espressa dalla buckwildiana Pour Another Glass, che pur presentando un suono più cristallino ed una melodia più complessa risulta lo stesso facente parte di un imprinting che lascia poco spazio a trucchetti di facile orecchiabilità; perchè è vero che il loop di xilofono associato al pianoforte è di per sè piacevolissimo, ma il campione di sax ripetuto incessantemente durante il ritornello riporta la mente alle prime cose dei Black Moon o, appunto, della D.I.T.C. Dal canto suo, Blu fa la sua sporca figura ma francamente faccio fatica a capire cosa ci trovi di così eccezionale la gente in lui -dico questo solamente per vis polemica, beninteso, perchè sulla sua prestazione qui non ho nulla di negativo da dire se non forse che il ritornello non brilla per inventiva.
Au contraire, chi invece è sottovalutato fin dal '92 è il buon CL Smooth, che recentemente non solo ha dato alle stampe il valido American me, ma soprattutto ha letteralmente ucciso qualsiasi traccia sulla quale qualcuno avesse avuto il buonsenso di invitarlo; non sorprende quindi che Part Of Greatness svetti, anche perchè sono tuttora pochi coloro che riescono a trasmettere una sensazione di tranquillo cazzeggio come CL. E di certo quest'ultima è enormememnte coadiuvata dal bel beat, più veloce di altri e senz'altro più pulito nei suoni e nelle atmosfere.
Sia come sia, oramai penso di essermi spiegato sufficentemente bene: sotto il profilo dei beat c'è davvero poco che possa essere detto a sfavore degli intenti di Presto, al quale va riconosciuta sicuramente una ottima conoscenza del genere musicale a cui attingere ed un'altrettanto grande capacità nel saper tradurre tutto ciò in beat d'impatto che non sfigurano certamente se paragonati a quelli dei maestri a cui s'ispira. Il problema risiede casomai altrove: Altered Saints richiama secondo me fin troppo Electric Relaxation (d'accordo, campiona persino il "ha-ha-ha" originale di Q-Tip, ma insomma...), altre risultano un po' troppo generiche e si perdono nel mezzo del sound generale (Let It Circulate, Still Here, Street Sport) al punto che forse sarebbe stato meglio adoperarle come interludi. Last but not least, per quanto alcuni degli esordienti si dimostrino degni d'attenzione o quantomeno competenti (Dhurti Whoutr, Mhax Montes ma soprattutto LOWD e la sua ottima On), è però vero che alcuni sono di una prevedibilità tecnica e concettuale disarmante (mi riferisco in primo luogo a tal Ark e al figlio rinnegato di Grand Puba alias Raashan Ahmad) e per giunta suonano un po' tanto simili tra loro: non solo stilisticamente o tematicamente, ma persino come voci! E se contiamo che nessuna di queste denota particolare personalità, allora appare evidente come lo stacco con i vari Sadat X, CL Smooth, Fatlip e compagnia bella diventi davvero incolmabile nel momento in cui il massimo approfondimento concettuale è rappresentato dal solito amore-per-il-reps, l'autoesaltazione o il cosid. self righteousness (che talvolta raggiunge vette di pedissequo moralismo e generale pedanteria da risultare fastidioso)
In conclusione mi sento di dire che se solo il Nostro avesse operato una maggior selezione degli ospiti (riunendone casomai due o tre su un solo pezzo), avesse scremato qualche beat e si fosse trattenuto dallo spingersi un po' troppo oltre nel "trovare l'ispirazione", allora avremmo un altro discone da quattro e mezzo. Purtroppo, però, le limature non ci sono state e perciò non solo gli affibbio un personalissimo quattro, ma puntualizzo anche che tal voto vale solo ed esclusivamente se siete fan di questo genere di nicchia; altrimenti, consideratelo un tre e mezzo.




VIDEO: CONQUER MENTALLY b/w ON

3 commenti:

MAK ha detto...

Leggendo le sempre ottime ed esaurienti recenioni, al limite posso dire che sono fin troppe le tue pubblicazioni! Non so quanto ci metti a scriverle, io ci metterei di certo una giornata... E non sarebbero comunque così scorrevoli e dettagliate. Di fatti non ne faccio mai, il rapporto sbattimento-risultato è assolutamente inquietante.
Tornando al disco: premetto che non l'ho ancora sentito, ma in questo momento ho una gran voglia di farlo.
E a proposito di D.I.T.C., sarei curioso di sentire un tuo parere su The Movement prossimamente...

reiser ha detto...

The Movement è una mezza fiaccata e a parte Insomnia e Time Travel farò finta che non sia mai esistito come le mie défaillances sessuali

MAK ha detto...

Ahahah immaginavo... In effetti se la gioca con We Mean Business per il titolo di "ritorno più fiacco dell'anno". Si ascoltano anche volendo, ma c'è un abisso incolmabile coi precedenti lavori, come del resto era logico aspettarsi.
Bella storia l'album di Presto invece, è assai probabile che me lo ordino. Mamma mia CI-ELLE...

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