IMMORTAL TECHNIQUE - REVOLUTIONARY VOL. 2 (Viper, 2003)

martedì 15 dicembre 2009

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere nei commenti relativi al mio sfogo contro quel povero scemo di Daniele Silvestri un'espressione di sollievo da parte di un lettore, dovuta al fatto che egli (probabilmente) vedeva in quelle righe una mia volontà di separare l'hip hop dalla politica tutta, e dall'area di sinistra in particolare. Non starò ovviamente a indugiare in interpretazioni di commenti così brevi, ma se ho voluto citare l'intervento è perchè lo ritengo ben rappresentativo di un sentire comune a molti ascoltatori di rap, soprattutto italiani. Ora, i motivi per cui tanti si pongano in linea di principio contro la commistione di musica e "impegno" (passatemi il termine) li posso solo immaginare, e magari tra di essi rientra anche un preponderante schieramento a sinistra da parte di chi si è cimentato/si cimenta in questa pratica; non saprei dire. Limitandomi dunque a quel che mi riguarda, in generale nutro forti sospetti nei confronti di chi mescola le due cose perchè in generale si tratta o di persone a) prive del bagaglio minimo di conoscenze per poter scrivere di politica, o di individui b) incapaci di esprimere le proprie riflessioni in maniera piacevole per l'orecchio, oppure, infine, c) ambedue le cose.
Il problema che ho -personalmente- non ha quindi a che fare con il principio stesso della divisione tra le due cose, quanto dalla sua effettiva applicazione, che spesso si risolve in puttanatone epiche che si pongono a distanza di anni luce da una qualsivoglia forma di pensiero articolato. E siccome statisticamente chi si cimenta in questi estri tende a sinistra, oltre a provare schifo per il penoso risultato artistico, mi ritrovo pure in preda all'imbarazzo di chi vede esporre nel peggiore dei modi possibili un'idea che di per sè magari condivido.
Ebbene, dopo una pausa quasi decennale avutasi nel corso degli anni '90, a partire dall'inizio di questo decennio abbiamo potuto assistere ad una piccola resurrezione del sottogenere; almeno a livello underground, è difficile oggi non incappare oggi in almeno uno o due pezzi aventi come sfondo l'attualità e la politica (persino Ghostface l'ha più o meno fatto, vedete un po' voi). E se nell'80% dei casi purtroppo continua a perseguitarci il sopracitato danielsilvestrismo©, oggi più di ieri ci sono un po' di personaggi secondo me degni d'interesse e, fra questi, spicca senz'altro Immortal Technique. I motivi sono innumerevoli, ma giusto per fare un rapido elenco eccovene alcuni: è credibile, preciso nella critica, sintetico, informato, creativo, originale, rappa benissimo e ha pure una bella voce. Insomma, straccia la maggioranza dei suoi colleghi e rappresenta infatti uno dei pochi artisti venuti fuori in questo decennio dei quali si ricorderà il nome anche nel corso dei prossimi anni.
Ciò detto, senza perdere tempo in tante note biografiche, arriviamo al dunque: Revolutionary Vol. 2 è la sua seconda opera, pubblicata ad una distanza relativamente breve rispetto alla precedente ed accolta con grande plauso della critica nonché con un discreto successo di vendite (tenendo conto che la distribuzione iniziale era una merda ecc. ecc.) arrivando ad oggi alla discreta somma di circa novantamila copie vendute nei soli Stati Uniti; un successo secondo me più che meritato, visto che pur conservando parte del titolo del predecessore esso ne risulta la versione perfezionata da ogni punto di vista e capace talvolta di raggiungere quasi la perfezione. "Quasi"?
Sì, certo. difatti, il difetto principale di Revolutionary Vol. 2 consiste nell'avere perlopiù beat discreti o anche bellini, ma quasi mai davvero belli; certo, qualche eccezione c'è, ma la maggior parte delle produzioni qui serve giusto per dare uno sfondo ed una minima di ritmica ai testi. Il loro pregio resta comunque un'indiscutibile orecchiabilità -data anche da un che di già sentito, bisogna dire (Peruvian Cocaine è No Ordinary Love dei Kreators, Crossing The Boundary è Gangsta Shit di Jay-Z, Industrial Revolution è Cake di Pete Rock... ci siamo capiti)- o comunque un'ottima capacità di fornire a Tech lo sfondo acustico migliore per il tipo di canzone. Ad esempio, l'idea di campionare la colonna sonora di Scarface è perfetta ed il concetto stante dietro a Peruvian Cocaine fa subito passare in secondo piano il fatto che sia un sample già sentito; Harlem Streets, invece, conferisce un tono di melanconia calzante a pennello per il tipo di testo, così come fanno i loop di chitarra di Leaving The Past e You Never Know. E questi sono solo un paio di esempi; insomma, Southpaw, principale autore delle basi, alla fin fine fa un lavoro che se non brilla per originalità perlomeno si dimostra adatto al protagonista e, a conti fatti, i pezzi più deboli si riducono ad un paio. Cause Of Death mi risulta un po' incasinata, tra sample vari e batterie veloci, e alla fine viene salvata in extremis solo dall'eccezionale performance di Tech; mentre Obnoxious nemmeno quello, in quanto a fianco di un campione latineggiante senza arte né parte vediamo che il Nostro si lascia andare all'insulto a ruota libera -che viene benissimo ad un Chino XL, ma che in questo contesto risulta decisamente fuori luogo.
Tuttavia, come già accennato, tra le peculiarità del reparto beat quella più positiva e che sopravanza le altre per importanza consiste nel saper appoggiar bene i testi del protagonista e di accompagnarli adeguatamente, sia in termini puramente tecnici (tiro delle batterie e mixaggio, ad esempio) che più astratti (principalmente atmosfere). Sarebbe infatti stato un dramma se le basi si fossero rivelate troppo ingombranti, perchè alla fin fine se uno decide di ascoltare Tech lo fa principalmente per i testi, e pertanto questi devono sempre restare in primo piano -cosa che qui fortunatamente accade. E così, in poco meno di 70 minuti di musica, noi ascoltatori entriamo in contatto col pensiero e con la Weltanschauung del Nostro, che in modo piuttosto semplicistico (e non senza contraddizioni) potrebbe essere definita un incrocio tra Marx, Chomsky, Moore, Malcolm X e Huey dei Boondocks per quanto riguarda il sarcasmo.
Contrariamente infatti a molti suoi presunti colleghi, il cardine della sua critica sta non tanto nell'attacco a questo o quel politico ed alle relative azioni, ma ad un intero sistema economico e le sue logiche di cui la politica è solo la prosecuzione con altri mezzi. La famosa teoria della mela marcia quindi non trova cittadinanza nel suo pensiero, perchè è l'intera cesta ad essere scaduta, e tale resterà fintanto che le decisioni politiche saranno influenzate sempre ed esclusivamente mettendo in primo piano l'appoggio ai potentati economici mondiali. Lungi però dallo scadere nel qualunquismo, Tech cita a suo appoggio diversi eventi -molti dei quali sconosciuti perlomeno a noi europei- che s'incentrano sulle politiche tenute dagli USA nei confronti dell'America latina nel corso degli anni '80, principalmente in Nicaragua ed El Salvador ma anche ovviamente Perù (sua terra natìa), Cile ed Argentina. E, com'è ovvio, ad uscire peggio da quest'analisi sono i repubblicani e l'establishment militare, ambedue gruppi che vengono nuovamente presi d'attacco quando il Nostro si sposta ai fatti post-11 settembre. Ese , com'è ovvio, buona parte della critica radicale è rivolta alle sopracitate categorie, nulla viene risparmiato al sistema mediatico, che si rende colpevolmente corresponsabile di politiche d'aggressione e d'azzeramento dei diritti sociali (in patria e all'estero) mediante una disinformazione fin troppo meticolosa per poter essere definita casuale. Da qui poi gli effetti del sistema ricadono a pioggia su quelli che potremmo definire gli aspetti più tipici del rap: vale a dire le condizioni sociali nei ghetti, l'ignoranza media ivi diffusa, i comportamenti da parte delle case discografiche (major sì, ma anche le indie, ritenute colpevoli di comportarsi alla stessa maniera delle sorelle maggiori) e la promozione dell'inciviltà che ne deriva a causa anche della connivenza di alcuni «sellout».
A margine poi vi sono anche un paio di excursus nello storytelling: You Never Know, che tratta in maniera autobiografica di come l'AIDS distrugge una coppia, e soprattutto la posse cut Peruvian Cocaine, in cui ciascuno degli ospiti assume il ruolo di uno dei personaggi tipicamente coinvolti nella produzione e nell'importazione della droga: dal contadino al caporale, dal narcotrafficante all'agente federale corrotto, questa canzone non solo è eseguita in maniera eccezionale ma rappresenta uno dei migliori esempi di come si può far cronaca e spiegare determinati aspetti del mondo senza risultare pedanti e/o noiosi. Del resto, lo stesso Tech è tutto fuorchè pedante: a differenza ad esempio dei «presi bbene», egli raramente fa sconti ai comportamenti altrui; ad esempio, a fronte di comportamenti ignoranti ed autodistruttivi da parte di chi è vittima potenziale dell'informazione, egli fornisce sì un'attenuante generica ma lo deinisce comunque poco più un burattino ("And if you can't acknowledge the reality of my words/ You're just another stupid motherfucker out on the curb/ Trying to escape from the ghetto with your ignorant ways/ But you can't read history at an illiterate stage").
Tutta questa impostazione viene poi definitivamente solidificata dallo stile di Tech, classico nella sua struttura ma ricco di metafore, parabole e parallelismi che tradiscono la sua lunga esperienza nel circuito delle battle nuiorchesi. Anche qui, ovviamente, punchline e quant'altro possono sì essere "classiche" ("With skills unused like fallopian tubes on a dyke"), ma altrettanto sovente assumono un taglio coerente con l'impostazione dell'album e l'attitudine del personaggio ("you motherfuckers will never get me to stop blastin'/ You better off asking Ariel Sharon for compassion"); il risultato quindi non è schizofrenico e, fatta salva la già criticata e fuori luogo Obnoxious, alla fine l'immagine che ci possiamo fare di Tech e della sua musica è tutto fuorché contraddittoria. Aggiungiamoci poi un talento nel cucire insieme rime, una dizione impeccabile, un vocabolario ovviamente vastissimo, ed ecco che il Nostro non può non risaltare immediatamente agli occhi di chiunque sia alla ricerca di rap fatto coi controcoglioni.
In definitiva, quindi, pur non essendo un album perfetto (da qui il voto), personalmente trovo che Revolutionary Vol. 2 sia a suo modo già un classico nonché uno dei dischi fondamentali se si vuole ricostruire il decennio in musica. Come impostazione e come realizzazione -parlo soprattutto dell'emceeing- quest'opera ha difatti già fatto proseliti e resta il punto di riferimento per chi vuole trovare -in un genere divenuto nel corso dei tempi fin troppo sbilanciato a favore del cazzeggio- della serietà e della concretezza. Poi si può non essere d'accordo con tutto ciò che Tech sostiene, certamente, ma il solo fatto che si giunga al punto di sviluppare un senso critico mi sembra una bella cosa. Liricamente, quindi, cinque zainetti abbondanti; musicalmente tre e mezzo: a questo punto mi sbilancio e arrotondo all'insù.



4 commenti:

MF Ema ha detto...

Mo arriva il solito noob a dire che non si capacita di Dah Shinin'
ahahhaah

Belle recensione al solito reiser ;)

Anonymous ha detto...

..FCK squad...
avevo scritto un commento e al momento di pubblicarlo si è sconnesso internet...visto che era al quanto lungo non ho intenzione di riscriverlo (lo dico come se ve ne importasse qualcosa incredibile) comunque concordo al 100% con la recensione e bella a reiser che ha esaudito la mia richiesta...immortal tech living legends ci vorrei fare 2 chiccchiere.. comnque se posso rispondere a kobra: secondo me dipende molto dalla persona alla quale vai a consigliare il disco poichè fondamentalmente l'approccio di tech è quello anche se in the 3rd world si può notare un ''miglioramento'' per quanto riguarda la voce e il flow...cioè voglio dire in 3rd world tech è una macchina da guerra l.e.t.t.e.r.a.l.m.e.n.t.e....per quanto riguarda i beat a me piacciono e anche quelli sostanzialmente sono un'evoluzione di quelli di revolutionary 2 alcuni si un po insipidi ma nel complesso orecchiabili e accompagnano imm tech perfettamente..poi sono gusti..
bless reiser


beat alla moda non si può
sentire!!!!!

A_G ha detto...

a me piace pure obnoxious, fate voi

Anonymous ha detto...

io invece sono contro a Dah Shinin...solo per aggiungere anche una voce fuori dal coro...

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