MARCO POLO - PORT AUTHORITY (Soulspazm/ Rawkus, 2007)

lunedì 12 maggio 2008

Circa un anno fa scaricai ed ascoltai per la prima volta l'album di debutto di Marco Polo (all'anagrafe Marco Bruno), produttore italocanadese trapiantato a Brooklyn e precedentemente avvistato su alcuni album della Boot Camp Clik, di Supernatural e di Masta Ace. I lavori svolti fino a quel momento non mi avevano convinto del tutto: li reputavo piuttosto validi ma privi di grande mordente, e per questo mi avvicinai a Port Authority con un certo scetticismo ed uno scarso interesse; pregiudizi, questi, che diminuirono ascolto dopo ascolto e che ora sono scomparsi del tutto, lasciandomi in eredità non solo uno dei più bei dischi del 2007 ma anche un'insalubre impazienza per l'attesa del suo prossimo progetto.
Dico insalubre perchè Port Authority ha richiesto circa tre anni per poter vedere la luce, e pertanto -anche se i tempi per il seguito saranno senz'altro minori- ci sarà qualcosina da aspettare. Nel frattempo mi posso però consolare riascoltando per la zilionesima volta questo album, che anche a distanza di un anno proprio non riesce a stufarmi. Sarà che la scelta degli ospiti è piuttosto ben assortita, sarà che Marco ha giocato sul suono classico, sarà che la varietà generale è ottima: probabilmente tutt'e tre le cose ed anche qualcosa in più, ma resta il fatto che ad eccezione di piccole sviste reputo che questo esordio superi nettamente Soul Survivor, cioè il disco che (a detta dello stesso Marco Polo) ha ispirato Port Authority. Dico questo non tanto facendo il paragone tra il talento di quest'utlimo e quello di Pete Rock, quanto valutando il rapporto tra il risultato finale e le rispettive capacità e quindi, a mio modo di vedere le cose, Pietrino Roccia perde per una serie di motivi: a) rappa maluccio su diverse le tracce, b) diversi beat sono francamente sotto i suoi standard e c) perchè questi sono parecchio deludenti rispetto ai featuring. Ecco in breve perchè, pur avendo una lista di ospiti indiscutibilmente più appetitosa di Port Authority, Soul Survivor resta indietro di un po'.
Comunque sia, tornando all'oggetto della recensione, la prima cosa che incuriosisce in questo genere di lavori è, appunto, la selezione degli ospiti; per la quale Marco attinge direttamente dalla golden era '94-'98 oppure a gente che vi fa riferimento. Nella fattispecie, fanno parte della prima categoria: Large Professor, Kool G Rap, O.C. (tutt'e tre presenti non a caso anche in Soul Survivor), Buckshot, Masta Ace, EdO.G., Sadat X, JuJu, A.G. e D.V. Alias Khryst; alla seconda appartengono invece Copywrite, Wordsworth, JoJo Pellegrino, ' na marea di tizi legati alla Low Budget Entertainment (amici di Kev Brown, per intenderci), Jaysaun, Supastition, Rock Marciano e qualcun altro. Ecco, diciamo che "dimmi con chi vai e ti dirò chi sei" è un detto che bene s'adatta al Nostro, perchè a supporto dei sopracitati nomi ci sono beat che calzano a pennello non solo all'MC vero e proprio, ma anche all'idea che i più hanno di questo; il che potrebbe portare alcuni a parlare di scontatezza, ma per quel che mi riguarda si tratta semplicemente di saper centrare il bersaglio, dato che l'unica cosa che mi aspetto da O.C. è che stia sopra ad una base pestona -di certo non che si lanci in spericolati excursus à la Gnarls Barkley o che altro. Detto questo, resta solo da vedere pezzo per pezzo quale è il risultato.
Bene: di Marco Polo ho già detto che è fortemente ispirato dalla classica estetica nuiorchese della seconda metà degli anni '90, ma quello che non ho puntualizzato è che riesce a creare composizioni spesso fortemente diverse da loro lavorando molto sulla programmazione delle batterie (ed i relativi suoni) e sulla scelta dei campioni. Questa è una caratteristica importante: la filosofia è sì "batteriepulite+lineadibassopompata+campionepulito", ma ciò non si riduce ad un'applicazione cieca e ripetitiva del principio. Basti pensare infatti alla differenza esistente tra Get Busy, The Radar e Go Around: la prima ha un taglio nettamente orchestrale, la seconda è molto più tagliata e funkettona, la terza ha un'ispirazione smaccatamente soul e rilassata; e tenete presente che questo è solo un esempio tra i più eclatanti, dato che a voler fare il gioco degli incroci se ne potrebbero creare di altri vieppiù sottili. Casomai il problema di questo approccio è, questo sì, la scarsa personalità del produttore: si potrebbe facilmente scambiare Low Budget All-Stars per un prodotto originale di Kev Brown, così come la stessa The Radar potrebbe facilmente passare come un'opera dello stesso Large Pro. Tuttavia, peronalmente tendo a glissare su questi difetti, o quantomeno a farli passare in secondo piano nel momento in cui l'esito è più che piacevole per le mie orecchie.
Ed è per questo che le uniche note dolenti, seppur in termini molto relativi, siano altamente specifiche: e cioè le prestazioni di Rock Marciano (non all'altezza di altri suoi lavori) e Kardinal Offishall (che a prescindere dal fatto che il suo stile mi faccia cacare a spruzzo, su War se ne va a zonzo per i fatti suoi e tanti saluti al beat), l'inutile cover di Electric Relaxation dei Tribe, e delle occasionali punte di monotonie in certe tracce (Wrong One, All My Love, Marquee). Tolte queste pecche -ampiamente compensate dai molti punti di forza- Port Authority è a mio modo di vedere davver o un album eccellente, al quale senz'altro non si può dare meno di quattro zainetti; ma ai quali ne aggiungo volentieri un altro mezzo perchè secondo me è pressochè ineccepibile e che se persino a me, che sono parecchio puntiglioso, dopo un anno di ascolti intensi non ha stufato, un perchè ci sarà.




VIDEO: NOSTALGIA

2 commenti:

Anonymous ha detto...

Perfettamente d'accordo.
Sicuramente una delle migliori uscite dell'anno passato.
Nostalgia credo si quella che mi piace di più,ma anche G Rap qui mi è piaciuto molto

Marco ha detto...

Piace una cifra anche a me il Marco!

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