INFAMOUS MOBB - SPECIAL EDITION (Landspeed/IM3, 2002)

martedì 1 luglio 2008

Stamane avevo voglia di recensire The Chosen Few della Boot Camp Clik ma, ancora intontito dal sonno, ho clamorosamente sbagliato ad acchiappare CD e così ora mi trovo in mano Special Edition e voglia zero di inventarmi qualcosa di intelligente che lo riguardi. Capita. Fortunatamente, la loro musica non richiede chissà quale grande sforzo interpretativo e d'altro canto i loro testi non finiranno nei libri sotto la voce "dolce stilnovo", per cui posso anche andare col pilota automatico ché tanto 'sto album lo conosco a memoria.
Dicevo: gli Infamous Mobb. Non mi ricordo esattamente quale fu la prima occasione in cui mi capitò di ascoltarli -se su Episodes Of A Hustla, Soul Assassins o Hell On Earth- ma di sicuro era il '96 e all'epoca mi parvero abbastanza inutili. Impressione confermata successivamente tramite la loro apparizione in Murda Muzik, prima, e su Mobb Niggaz Pt.1, poi (che, a dire il vero, era rovinata più da un Prodigy vergognoso che da G.O.D. ed il gustoso beat di Domingo). Pure, quando nel 2002 mi trovai di fronte a questo disco non ne rifiutai l'acquisto -in fondo avevo già toccato il fondo con God's Favorite- e così, vuoi anche svogliatamente, giunto a casa lo inserii nel lettore e pigiai "play" essendomi prima assicurato di aver azzerato le mie aspettative.
Dopo due tracce ero lì a darmi del coglione. Sbattendo la testa contro il muro e scottandomi le palle con un Bic. Cosa non stavo ascoltando... Cercate di capirmi: il 2001 è stato uno degli anni peggiori per il rap, dove la quantità di porcherie sfornate era giunta ad un livello che quasi m'era venuta voglia di chiudere baracca e burattini e mandare a fanculo quei due coacervi di incapacità che erano i Ruff Ryders e la Murda Inc. Poi, vuoi per inerzia o per connessione a Fastweb, ero riuscito a trovare delle valvole di sfogo, ma si trattava pur sempre di roba underground che indubbiamente aveva un valore ma era (ed è tuttora) davvero diversa come impostazione dal classico suono grimey della Grande Mela. E invece, ecco che in maniera del tutto inaspettata mi si presentano questi tre cinghiali ed un Alchemist con due palle quadrate a ridarmi speranza! Chi l'avrebbe mai detto! Essì che i titoli avrebbero dovuto farmi capire: Killa Queens, Mobb Ni**az, Make A Livin' e la canonica We Don't Give A Fuck -tutta roba priva di genio o inventiva ma carica di una grezzaggine intrinseca che nessuno se non dei "genuini" potrebbero mai concepire ed al contempo mostrare le facce in pubblico.
Comunque sia, fatto sta. Dal versante lirico posso liquidare il tutto in meno di 500 battute: G.O.D. è il più bravo dei tre ed unisce un bel tono baritonale ad uno stile pulito ed essenziale; Twin Gambino ha una voce roca oltre ogni ragionevolezza e dice le prime cose che gli passano per la testa ma almeno lo fa con un certo savoir faire; Ty Nitty è una sega a tutti gli effetti ed è lì solo perchè da piccolo Twin gli rubava le stilografiche e se le mangiava e per questo si sente in colpa. Contenutisticamente, tutti e tre fanno all'apparenza bruttissimo, scopano più fiche di noi, sono più ricchi di noi, spacciano più di noi e vengono dallo struggle del Queens mentre noi no. Insomma, loro sono loro e noi no.
Tutto chiaro, mi sembra. E allora cosa li rende particolari? Beh, innanzitutto che sono dei tamarri d'eccellenza che non si sprecano nemmeno un cicinin ad indorare la pillola con chissà che metafore o giochi di parole. Tolto il fatto che si esprimono in rima, i loro testi sono, come dire: essenziali, asciutti. Ovviamente, questa mia argomentazione può essere messa in discussione da chiunque non veda in loro nulla in più rispetto ad altri, ma del resto di gente col salame sugli occhi ce n'è ovunque. Piuttosto, ciò che persino i salamoveggenti più hardcore non possono ignorare sono i beat di Alchemist. Quando il Nostro era ancora decisamente in forma e non s'era spinto troppo in là nell'uso dei synth, i suoi prodotti meno buoni potevano assomigliare a Premier The Name's Bill è da denuncia) mentre quelli migliori avevano un sapore a metà tra il maestro Muggs e la cupezza nuiorchese. Da qui l'abbondare di loop di piano, cori orchestrali, escursioni nel soul ecc., il tutto sapientemente mescolato a beat i cui suoni -specie cassa e rullante- nulla hanno della secchezza caratteristica delle produzioni targate Queensbridge di quel periodo. Difatti, è curioso notare come una Back In The Days ed il suo pitchatissimo campione soul sia stata curata dalla stessa persona stante dietro a, che so, B.I.G. T.W.I.N.S. o IM3, le quali presentano rispettivamente un rozzo (nel senso buono) boombap ed un campione di archi degno di un John Williams (anzi, no, James Horner che è più cafone).
Ora: sarei un cacciaballe di primissima se provassi a raccontarvi che il disco vale a pari merito per beat e testi. Non è così. I primi sono la spina dorsale sulla quale vanno ad incastrarsi i vari elementi aggiuntivi, IM3 in primis. La struttura regge perchè le fondamenta sono solide -contribuiscono inoltre V.I.C., Havoc, Muggs ed un altro paio- e difatti, le volte in cui questa inciampa nelle produzioni "meh" (I Rep, Reality Rap, Make A Livin') le insufficienze dei Nostri si vanno vive in tutta la loro forza. Quantomeno, in questi casi saltano fuori anche i soliti incapaci tipo V-12 o Chinky che, così facendo, fortunatamente evitano di inquinare altre tracce meglio riuscite. Insomma, a parte tre tracce secondo me orride ed altre due meno riuscite, Special Edition è un signor disco dal quale nessun fan di rap può prescindere. Sì, l'inventiva non è di casa... certo, l'emceeing è quello che è... ma, vi garantisco, l'intrattenimento c'è ed è impossibile da non apprezzare.




VIDEO: MOBB NIGGAZ PT.II (THE SEQUEL)

2 commenti:

reiser ha detto...

Che domande, Poet.

Antonio ha detto...

Si, ma Poet ha anche sostanza... il problema e' quello. Anzi, non e' affatto un problema, ovvio ;-)

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