GZA/GENIUS - BENEATH THE SURFACE (MCA, 1999)

martedì 26 maggio 2009

Sono molto dispiaciuto ('na roba) nel dirvi che, come del resto avrete già notato da soli, malgrado abbiate espresso delle preferenze per questa settimana io me ne impipperò. Il motivo di questa scelta è dato un po' dall'aria che si respira in politica, ma soprattutto dal fatto che è una settimana pesantissima in termini di lavoro e che, pertanto, se voglio recensire qualcosa, questo qualcosa deve soddisfare due fondamentali criteri: a) lo devo conoscere bene, b) deve farmi venir voglia di scriverne. Labcabincalifornia purtroppo non risponde a nessuno di questi due criteri e, siccome ieri l'ho riascoltato e m'ha fatto cadere le braccia -non so, si vede che non ero dell'umore giusto, non mi pare una buona idea dedicargli il mio tempo. Abbiate dunque comprensione.
Un disco che invece corrisponde alle sopracitate prerogative è l'ottimo Beneath The Surface di GZA, passato ovviamente in sordina in quanto sequel di Liquid Swords, ma comunque capace di resistere al logoramento del tempo quasi quanto il predecessore. Infatti, pur non essendo privo di scivoloni in un certo senso "gratuiti" (mi spiegherò meglio più avanti), esso ha l'inconsueta peculiarità di mantenere gli stessi pregi e gli stessi difetti a dieci anni di distanza: le canzoni belle quelle sono, i beat brutti quelli sono, punto e basta. Un disco in bianco e nero, dunque, dove le scale di grigi sono secondo me ben poco utilizzate.
Vogliamo farla semplice? Benissimo, allora: Beneath The Surface, Breaker Breaker, High Price Small Reward, 1112 e Mic Trippin' sono i pezzi (quale più e quale meno) definibili come "belli". Per converso, Hip Hop Fury, Crash your Crew, Stringplay e Feel Like An Enemy sono quelli brutti e, infine, Amplified Sample e Victim sono quelli a cui manca qualcosa per ottenere un giudizio positivo. È poi quasi sottinteso (ma non si sa mai) che la bruttezza di alcune creazioni è da considerarsi relativa, visto che abbiamo a che fare con GZA e non Gucci Mane, ma preferisco comunque parlarne in simili termini giusto per non confondere le acque e perchè, in fondo, quando si ascolta un album di Gary grice il metro di giudizio è tarato sulle sue potenzialità e non su quelle di un mammalucco qualsiasi.
Ciò detto, cominciamo a scendere nei dettagli di un album atteso al varco con una certa trepidazione e in generale delle attese fuori dal comune. Quando agli inizi dell'estate '99 venne pubblicato Beneath The Surface, infatti, esso dovette relazionarsi a due problemi: il primo era ovviamente lo scomodo paragone col classico che lo aveva preceduto; il secondo invece riguardava più in generale lo sfascio qualitativo del Wu-Tang nel suo complesso, che dal pubblicare Cuban Linx e Liquid Swords in un anno era passato a promuovere prodotti infinitamente inferiori specialmente per quel che riguardava i duemila suoi affiliati. Considerate le circostanze, quindi, il pubblico (incluso il sottoscritto) sperava che il buon GZA riuscisse a raddrizzare la rotta mediante un album quantomeno ineccepibile e, in tutta onestà, l'assaggio dato dal singolo Publicity b/w Breaker Breaker aveva lasciato ben sperare. La prima canzone, prodotta magistralmente da Mathematics, segue la falsariga di Labels spostandosi stavolta nel campo delle riviste: inutile dire che il carisma, la voce e la tecnica di GZA sono eccelse perchè è quasi scontato. Sorprendono di più la bellezza del campione e l'efficacia con la quale questo si sposi da un lato con Grice stesso, e dall'altro con delle batterie la cui complessità è giustamente mantenuta su bassi livelli per favorire invece il suono, effettivamente imponente (persino la breve durata del tutto non danneggia affatto la canzone). Promossa con lode. Breaker Breaker, invece, gode di atmosfere più leggere e di un sample meno cupo; ciò nondimeno "funziona" altrettanto bene grazie ad un'orecchiabilità che va di pari passo con la negazione di qualsiasi sconto alla faciloneria "da singolo": nuovamente, ringraziamo sia GZA che Arabian Knight, un altro dei discepoli di RZA che in quest'album riescono a sopperire più che bene alla pressoché totale assenza dell'abate.
Ricapitolando, dunque: sia il singolo che la b-side (curiosamente divenuta il video di lancio) si pongono su livelli oggettivamente molto elevati, anche e soprattutto considerando che sono fatti da un maestro come il Nostro. Ebbene, dopo poco tempo dall'uscita di questi finalmente esce l'album vero ed è ovvio che a questo punto ci si aspetti una bomba come dio comanda. Beh, scandalo degli scandali, non è così: Beneath the Surface è "solo" un bel disco. Ma a cosa è dovuta questa semi défaillance? A GZA? Ai beat? Agli ospiti? A cosa?
Sgomberiamo il campo dai dubbi: Gary Grice è come sempre un mostro di bravura sia che scriva storytelling, sia che si lasci andare all'autoesaltazione e sia che partorisca concept track. Non si discute: tutto il suo talento, del quale ho abbondantemente scritto in precedenza e che perciò non descriverò nuovamente, è onnipresente sia in una Mic Trippin' che in una Beneath The Surface. Se ho mai visto un MC capace di dare prove di bravura così costanti quello può essere Nas, e scusate se è poco; insomma, come liriche "ci siamo". Per quel che riguarda gli ospiti, anche se il livello non è ugualmente alto, direi che non ci si può lamentare più di tanto. Assodato che non è Liquid Swords dove ogni featuring era una bomba, in BTS c'è molto Killah Priest (e a casa mia questo è un bene), qualcun altro dei Sunz Of Man e dei Royal Fam (e passi), qualcheduno del Wu (ODB, Masta Killa, Meth) che pur non facendo miracoli se la cava più che bene (ma scordatevi le strofone di Deck o Ghostface) ed infine la sconosciuta Njeri: onestamente è quest'ultima la rivelazione del disco, dato che sia in 1112 che Victim fa dei numeri eccezionali e, alla luce di ciò, risulta incomprensibile il motivo della sua pressoché fulminea scomparsa dalla scena. Ma tant'è.
Insomma, per esclusione si può giungere alla conclusione che i motivi per i quali Beneath The Surface non riesce a bissare il successo sono fondamentalmente i beat. Crash Your Crew è il primo fallimento in cui ci imbattiamo ed il suo stanco e fracassone loop riesce a venire a noia nell'arco di circa trenta secondi; aggiungamoci che è del tutto privo di un qualsiasi tipo di melodia ed ecco che il tasto Fast Forward può essere usato per la prima volta. Hip Hop Fury è un po' meno peggio, ma nuovamente la pigrizia nel loopare e pitchare un amelodico campione di pianoforte ad libitum senza alcun tipo di variazione (eccetto un irrilevante sample di archi in levare ogni quattro misure) affossa un'altrimenti discreto pezzo; ma la delusione maggiore viene da Stringplay, lasciatemelo dire. Quella che poteva essere una seconda Shadowboxin' viene massacrata da una merda di base in cui un suono a metà tra l'arpeggio e dei synth da tastiera Bontempi impera per ben tre minuti e qualcosa, ed il fastidio che esso genera è tale che molti comprensibilmente nemmeno riusciranno a giungere fino al termine della canzone. Infine, volendo chiudere il tour nella galleria degli orrori con una nota semipositiva, c'è Feel Like An Enemy che più brutta pare un po' generica e fondamentalmente pacchiana (sapete, c'è tutto un casino di archi che va in sottofondo e non è che lasci impressionati) ma che quantomeno gode di un bel bridge sui cui, oltretutto, c'è un attacco di strofa ("Vocal imbalance, a code of silence converses violent...") da applausi.
Quanto ai due pezzi "nì" i problemi sono semplicissimi: Victim ha un ritornello cantato che francamente si potevano risparmiare, mentre Amplified Sample vede un'inspiegabile ripetizione della prima strofa forse non fastidisossima ma comunque priva di qualsiasi motivo. Tolti i rispettivi difetti va detto che le canzoni in sè e per sè sono pure belle (specialmente Victim), per cui a uno gira un po' il culo che siano state danneggiate da due svistine simili, peraltro facilmente evitabili.
Ma nel complesso -e a distanza di dieci anni- reputo che Beneath the Surface sia decisamente un buon album. Naturale: poteva essere meglio. Indiscutibile. Tuttavia la serie di pezzi belli (e qui oltre a rimarcare la bellezza della finora non citata title track vorrei aggiungere la purtroppo breve Outro) è di una caratura tale da far dimenticare certi errori e orrori relativi alla fase del beatmaking. In fin dei conti tutti i pezzi sono rappati bene e, ad eccezione delle tremende Crash Your Crew e Stringplay, volendo si può anche glissare sulle relative basi. Insomma, non quello che i fan del Wu si aspettavano all'epoca ma indubbiamente un'opera valida anche nel 2009.




VIDEO: BREAKER, BREAKER

4 commenti:

Anonymous ha detto...

FCK SQUAD..''800 bullets'',,.la recensione non fa una piega...ank se hip hop fury proprio non me la sento di considerarlo un pezzò brutto..la base a me gusta abbastanza anche se forse un po rompe il kazzo.

Anonymous ha detto...

a me mi spacca crash your crew solo per sta strofa"I seen a million tryin' to set a flow
Thousands that show
Observe with the patience of watching a flower grow" e stringplay non mi dispiace in se' ma odio proprio l'idea del fare uno shadowboxin2 ovvero del ricalcare il pezzone,questa proprio è una cosa che odio in generale...invece hip hop fury mi gonfia proprio le palle,la base non è cattiva ma è proprio l'mceeing(sopratutto quello degli ospiti) che è noioso oltre il credibile...

Anonymous ha detto...

Publicity era il motivo per cui reiser ha comprato l'album ai tempi...ed ora nemmeno un cenno. La solita ingratitudine.

ck

reiser ha detto...

"La prima canzone, prodotta magistralmente da Mathematics, segue la falsariga di Labels spostandosi stavolta nel campo delle riviste: inutile dire che il carisma, la voce e la tecnica di GZA sono eccelse perchè è quasi scontato. Sorprendono di più la bellezza del campione e l'efficacia con la quale questo si sposi da un lato con Grice stesso, e dall'altro con delle batterie la cui complessità è giustamente mantenuta su bassi livelli per favorire invece il suono, effettivamente imponente (persino la breve durata del tutto non danneggia affatto la canzone)."

Q.E.D.

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