ARSONISTS - AS THE WORLD BURNS (Matador, 1999)

lunedì 31 agosto 2009

Oggigiorno credo che nessuno si ricordi degli Arsonists, a meno che non abbia vissuto il periodo del loro *uhm* "successo" in prima persona; altrimenti, se il nome dice qualcosa è perchè si è fatta una ricerca, oppure perchè negli anni più recenti uno dei loro membri, Q-Unique, ha acquistato una maggiore visibilità grazie alla sua affiliazione alla Psychological Records. Tertium non datur: gli altri componenti più in vista sono scomparsi dopo qualche 12" (D-Stroy) o un album largamente trascurabile (Freestyle), mentre di Jise One e Swel Boogie non vi fu più traccia in assoluto dopo l'album Date Of Birth del 2001.
Ma nel '99 questa crew nuiorchese aveva guadagnato una notevole schiera di accoliti, perlomeno in Europa, tant'è vero che fecero persino una data al ormai defunto Binariozero di Milano. Io ovviamente vi andai, e benchè il pubblico presente se la giocasse in numeri con quello presente a Sean Price qualche anno fa (alias quattro cazzi in croce) gli Arsonists fecero uno show coi controcoglioni (con tanto di coreografie old school) che lasciò i presenti più che soddisfatti. Tutti i pezzi più importanti dell'album vennero eseguiti impeccabilmente, l'audio fu buono ed io me ne tornai a casa felice come una pasqua con pure un paio di autografi bonus.
A dieci anni di distanza questo entusiasmo è ormai pressoché del tutto scomparso per lasciar pazio casomai a qualche traccia di nostalgia, in quanto la senescenza ha saputo affinare il mio senso critico e nel 2009 posso dichiarare che As The World Burns è sì un buon album ma che soffre di alcuni difetti che vanno al di là della semplice qualifica di bello/brutto. Uno di questi è comune ai gruppi composti da più di due/tre membri, e cioè la più totale mancanza di coesione tra una traccia e l'altra. ATWB non è dunque un album propriamente detto, quanto una raccolta di singoli -almeno, questa è l'impressione che se ne ricava ascolto dopo ascolto. E così arriviamo al secondo difetto peculiare dell'opera: praticamente un terzo delle canzoni sono recuperate dai singoli precedentemente pubblicati, il che da un lato è positivo per ovvi motivi (ha permesso a gente come me di sentire chicche come Blaze delle quali avrei ignorato l'esistenza forse per sempre) ma dall'altro risulta oggettivamente una mossa un po' pigra e talvolta semplicemente fallace; inutile infatti cercare di nascondere il fatto che alcuni pezzi suonino ovviamente più vecchi di altri. La cosa non inficia poi più di tanto l'ascolto ma viene da chiedersi se forse non avrebbe avuto più senso dare alle stampe un progetto completamente separato oppure accludere un disco bonus.
Ciò detto, però, veniamo alle note positive: prima di tutto i beat. Prodotti al 100% in casa, principalmente da Q-Unique ma con contributi siginificativi da parte di Freestyle e D-Stroy, è innegabile che oggi possano suonare un po' datati e comunque "sporchi" e a budget basso: ma proprio questo li rende capaci di dare una struttura coerente ad un gruppo il cui suono è innegabilmente underground. Aspettatevi perciò un boombap classico e semplice nell'esecuzione, col caratteristico boomcha a fare da padrone nel più dei casi ma non per questo incapace di qualche variazione concettuale più interessante: vedi ad esempio Rhyme Time Travel, che accompagna acusticamente gli MC in un'esplorazione di tre epoche del rap (ed il secondo beat è semplicemente fantastico).
Il sound è comunque indubbiamente cupo, con archi e pianoforti a fare da padroni mentre bassi e batteria vengono caricati fino ai limiti della distorsione: che si ascolti Shaboing, Live To Tell o Blaze si resta avvolti in atmosfere caduche e pesanti, ideali per chiunque apprezzi l'hardcore più classico senza badare a fronzoli di alcun genere. In fondo, la semplicità delle basi non solo è piacevole -salvo qualche eccezione come Session o qualche esperimento andato male come Geembo's Theme- ma è anche funzionale ad un progetto di questo genere, dove l'aspetto più strettamente lirico e tecnico è bene che si prenda lo spazio necessario. E quando questa sintesi vede il raggiungimento del successo a tutto tondo i risultati sono indubbiamente encomiabili: tra le canzoni secondo me meglio riuscite inserisco senz'altro Backdraft, Blaze, Shaboing, Worlds Collide e Halloween - più una pletora di altre tracce dignitosissime ma prive di quel quid capace di farmi esaltare, come Venom, Rhyme Time Travel, Frienemies e altre. Insomma, malgrado l'indubbia prolissità del lavoro (21 pezzi) la media qualitativa è alta, con pochi scivoloni e qualche ridondanza tutto sommato perdonabile (a patto che si sia amanti del genere).
Ridondanza, questa, che trova la propria controparte anche nell'aspetto lirico: scava scava, ed alla fin fine ciò che si ha in mano è fondamentalmente un attacco a baionetta innestata contro gli MC scarsi e la commercializzazione/svalutazione dell'hip hop, con solo qualche piccola variazione sul tema sparsa quà e là (principalmente Underground Vandal, Rhyme Time Travel e Frienemies). Detto altrimenti, ATWB non è sicuramente il disco che potrà attrarre nuovi accoliti a questo genere ed in fondo si risolve in una predica ai convertiti, che però contrappone ad una inevitabile sterilità una buona realizzazione. Gli MC coinvolti sono infatti tutti competenti e diverse strofe -su tutte quelle di Freestyle e D-Stroy- sono semplicemente da applausi a scena aperta. Pochi i difetti tecnici ravvisabili, quindi: annoterei al limite un'eccessiva somiglianza tra gli stili e dunque un'assenza di alchimia propriamente detta (come si aveva invece nel Wu, per dirne una), ma se teniamo conto del target ideale di un progetto come questo allora possiamo anche chiudere un occhio.
Insomma, come dire? As The World Burns si può dire pressoché impeccabile solamente se teniamo a mente i destinatari di un simile disco: in questo caso, infatti, tutti i pezzi del puzzle combaciano perfettamente ed alla fine c'è poco di cui lamentarsi. Tuttavia, sia nell'impostazione stessa che nella forma, quest'album mostra i suoi anni e persino l'ascoltatore dell'epoca (quale io sono) oramai è cresciuto e, passati gli ardori da bibboi fiero, non può chiudere gli occhi a fronte di una prolissità indiscutibile ed una ripetitività sia formale che sostanziale. Ma cosa vogliamo fare, buttarlo via?




VIDEO: PYROMANIAX/ BACKDRAFT

2 commenti:

Anonymous ha detto...

io li vidi live al leoncavallo nel 2001 (se non sbaglio), in apertura del concerto dei public enemy. bella performance.
penso di non essermi mai ascoltato l'album intero, ma solo i loro "singoli" in giro che spaccavano qua e là (tipo "14 years of rap"). mi piacquerò fin da subito, vediamo che effetto mi fa riascoltarli oggi.
yo nico

reiser ha detto...

Al Leo non li ho visti, ma a quel punto erano solamente in tre oppure Freestyle e D-Stroy facevano ancora parte del gruppo?

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