TALIB KWELI & HI-TEK ARE REFLECTION ETERNAL - TRAIN OF THOUGHT (Rawkus, 2000/2002)

lunedì 19 ottobre 2009

L'altro ieri, assieme alla seconda copia di Hell On Earth e la ristampa di Illmatic, m'è finalmente arrivato anche questo storico Train Of Thought; ora, il problema della versione da me acquistata nel 2000 era sempre lo stesso comune ad altri di cui magari avete già letto su queste pagine, e cioè che aveva il booklet spiegazzato/ondulato con le pagine incollate stile pornazzi cartacei old skool. Questo perchè nel 2002/2003 quel fulmine di guerra di mia madre lasciò aperta la finestra di camera mia (s'abitava in mansarda) mentre sul cielo di Milano s'abbatteva la tempesta perfetta e, manco a dirlo, stando i miei raccoglitori proprio sotto alla finestra, almeno una trentina di dischi e altrettanti vinili soffrirono danni irreparabili. Accantonata all'epoca l'ipotesi di matricidio in quanto all'epoca sprovvisto di lavoro -ma quanto m'incazzai diocane!-, ho dovuto aspettare di guadagnare qualcosina e di avere un account su Amazon per poter rientrare in possesso di alcune di queste opere senza svenarmi. Ma fatto sta: il lato positivo è perlomeno ora, quando mi arriva una ristampa, chiamiamola così, è che ballandomi tra i coglioni in ufficio perlomeno la recensisco tanto per darle un perchè. E oggi, appunto, è il caso dei Reflection Eternal.
Mi pare di ricordare che la prima volta che mi ricordai del loro nome fu nel '99, ascoltando quello splendido pezzo che è Chaos; naturalmente sapevo chi fossero individualmente, ma le precedenti apparizioni su Lyricist Lounge 1 ed il primo Soundbombing le avevo catalogate alla voce Talib Kweli e basta. Chissà poi perchè, ma in fondo chissenefrega; il punto è che al momento dell'uscita di Train Of Thought mi tuffai in una raccolta di monetine per poter comprare 'sto benedetto ciddì e, dopo peripezie incredibili riuscii finalmente a comprarne una copia (chi c'era si ricorderà che Andrea del Timeout aveva il vizio di acquistare al massimo tre copie di dischi per volta, a prescindere che si trattasse del Wu Tang Clan piuttosto che del letteralmente immortale Jesse Jaymes, dunque spesso te toccava aspetta'). Di anni da allora ne sono passati quasi dieci, e se nel frattempo Kweli ha pubblicato diversi album solisti di qualità variabile (di cui Eardrum è il migliore, a mio modesto avviso), nei cuori dei reppusi di mezzo mondo quello che occupa lo spazio più rilevante è senza dubbio questo.
E, ascoltandolo, si può anche capire perchè: il Talib che presenzia nelle venti tracce di Train Of Thought suona indubbiamente più energico e fresco di quanto abbia mai più saputo fare, e pur alternando pezzi autoreferenziali a canzoni più votate al famoso "consciousness" gli riesce di mantenere ugualmente elevata l'attenzione dell'ascoltatore; in più, essendo qui ancora tutto sommato agli inizi della carriera, il suo attaccamento all'underground e ad una visione generalmente più "rawkussiana" dell'hip hop aggiunge un quid di atteggiamento da purista che ben bilancia un atteggiamento per il resto tranquillo e fondamentalmente da fricchettone. Hi-Tek, dal canto suo, dimostra indubbie capacità al campionatore ed in alcuni casi riesce a confezionare beat che trasudano ruvidità da tutti i pori pur mantenendo una certa classe e, soprattutto, un taglio personale ben riconoscibile; tuttavia, se una Some Kind Of Wonderful o una Ghetto Afterlife hanno tutte le carte in regola per assorgere alle vette della sua produzione complessiva, bisogna ammettere che la cospicua durata del disco (quasi 70 minuti) porta inevitabilmente a ridondanze dal punto di vista delle atmosfere e del sound in generale che, se abbinate alla verbosità oggettiva di Kweli, alla fin fine drenano un po' i liquidi di noi ascoltatori; in altre parole, sulla lunga distanza Train Of Thought può facilmente asciugare.
La fortuna del disco consiste però nell'avere una tracklist ben congegnata, in cui i pezzi da novanta sono discretamente distribuiti sia come sonorità che come varietà di tematiche. E così l'inizio di Train Of Thought risulta un'indiscutibile bomba: Move Somethin', Some Kind Of Wonderful e The Blast non sono solo tre dei pezzi migliori dell'intero assortimento, ma mostrano benissimo le variazioni dello stile di Hi-Tek e contribuiscono efficacemente a spostare il piglio dell'album dall'aggressivo al più pacato. La prima è infatti un fiorire di rulli di tamburo, che accoppiati un sample tagliato apposta per dare una spinta ulteriore ai rullanti si traduce in una delle tracce più pesanti dell'insieme; segue Some Kind Of Wonderful, che della prima mantiene il tiro abbastanza veloce della precedente giocandosela però quasi esclusivamente su un'eccellente linea di basso; infine, la terza abbandona anche le batterie veloci e sterza quindi completamente in direzione da neo-Native Tongues. Da qui in avanti si procede grossomodo sempre su questo territorio con continui rimandi tra una traccia e l'altra, come per esempio tra This Means You (notevole collabo con Mos Def, tra l'altro) e Some Kind Of Wonderful, oppure Too Late e Africa Dream; è però solo con Down For The Count, eccellente lavoro a sei mani con Rah Digga ed Xzibit, che si ritorna nei meandri dei pestoni. Giusto in tempo, devo dire, perchè il lavoro stava diventando un po' pesante; avendo subodorato questo, a breve distanza segue poi l'altrettanto ottima Ghetto Afterlife con un Kool G Rap d'annata, e se Love Language non stona con quest'ultima lo si deve grazie ad un flow bello intricato che la tira fuori da qualsiasi rischio di melensaggine gratuita (nota di demerito: ad essa fa seguito Love Speakeasy, un semiskit che vorrebbe essere jazzato e raffinato, ma a me il delay e l'eco sugli assoli di sax fanno pacchiano/soft porno -punto e basta. Chiusa parentesi). Da lì in poi si ritorna ad un mood più rilassato che ad alcuni potrò ormai venire a nausea, ma va detto che tutto sommato resta ben fatto (a parte il ritornello osceno di Touch You) e poi si risolleva con Good Mourning, che di certo non è un pestone ma ha il pregio di far rivivere almeno in parte i fasti della straordinaria Respiration.
Come già detto, però, malgrado il buon tracklisting non è impossibile che verso la fine del disco -diciamo nel corso degli ultimi cinque-sei pezzi- si cominci a provare un certo peso nella zona pelvica. È l'inevitabile effetto che ha una certa ripetitività acustica se protratta per settanta minuti e, soprattutto, se questa viene associata ad un MC certamente bravissimo ma altrettanto sicuramente verboso come lo è Talib. In più, quello che manca al Nostro è la versatilità che aveva il compagno Mos Def; certo che i pezzi sboroni ci piacciono, certamente non ci dispiace qualche roba più introspettiva o più genericamente impegnativa, però il suo modo di trattare argomenti distanti tra loro come lo sono l'amore o il sistema carcerario allo stesso modo, se vogliamo con la stessa "poesia", mi sembra un po' sballato oltre che, appunto, potenzialmente noioso.
Tuttavia non si può negare che questo Train Of Thought sia un disco ben pensato, ben scritto e ben prodotto; il suo difetto principale sta nel tiro forse troppo omogeneo (fatte salve quelle due-tre eccezioni) e personalmente avrei preferito qualch Ghetto Afterlife in più, oppure, in alternativa, qualche produzione più variegata nella scelta e nell'uso dei campioni. Ciò non di meno è un ascolto essenziale ma, per quanto sappia perfettamente che causerò qualche incazzatura, non me la sento di dargli quattro e mezzo anche se ci va molto vicino. Con quattro-cinque pezzi in meno, magari...




VIDEO: MOVE SOMETHING

4 commenti:

Anonymous ha detto...

grande album, secondo me nettamente il migliore dei suoi. Se gli davi 3 e 1/2 ti buttavo sotto al ponte di bassano

ck

reiser ha detto...

Ti pare? Già sono nel dubbio che non sia da 4 e 1/2... comunque per me se la giostra con il suo ultimo (che, lo so, a te non è piaciuto e bla bla bla)
Anche se forse questo è un po' più bellino

Anonymous ha detto...

io avrei dato 4emezzo ma so le ce l hai con talib xche' come dici tu e' pedante e non hai tutti i torti...cmq bella xche' riprendi sti bei dischi che tutti dovrebbero conoscere.

RARASHIXXX

Anonymous ha detto...

L'ho preso anche io qualche mese fa,costa pochissimo.
A me piace un casino e non mi ha dato monotonia a lungo andare.
Hi Tek è uno di quei produttori bravissimi ma che ce se ne dimentica sempre al momento di dire un paio di nomi.

CryNStay

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