AA.VV. - WU TANG CHAMBER MUSIC (E1, 2009)

giovedì 19 novembre 2009

Ieri sera, riascoltando Forever e stramaledendo nuovamente il Wu per non aver concentrato su un solo disco le tredici tracce da urlo che esso contiene, non ho potuto fare a meno di ripensare a come un marchio così prestigioso e rilevante sia riuscito a sputtanarsi nell'arco di pochi anni persino agli occhi di fan un tempo infervoratissimi come me. Contrariamente a quello che in molti suggeriscono, e cioè che la causa di ciò sia stata un'eccessiva profusione di affiliati mediocri, la mia opinione è che alla fin fine siano stati proprio i membri principali -RZA in testa- ad essersi scavati la fossa da soli salvo poi riemergere eventualmente per i cazzi loro oppure proseguendo lungo i sentieri della mediocrità. Puntualizzo una cosa: questo discorso esclude sostanzialmente le carriere di GZA e Ghostface, nonché l'ultimo album di Raekwon e 4:21 di Meth (lo sapete che non è un brutto disco, ammettetelo); in compenso include tutte le fetecchie a nome Bobby Digital, i mediocri dischi di Masta Killa, gli aborti di U-God (anche se Dopium ha delle belle produzioni) e, soprattutto, quelle gran delusioni che son stati i dischi del collettivo, culminati in quella mezza porcheria che è 8 Diagrams.
Il punto è che, visti i risultati, sarebbe meglio che quello che un tempo era considerato il Voltron dell'emceeing farebbe meglio a non unirsi più, dato che oramai ogni volta che li metti insieme riescono al limite ad assomigliare ad una versione smandruppata di Lionbot. A meno che... a meno che la loro unione sia meno rigida -cioè non coinvolga necessariamente tutti i membri- e che coinvolga degli esterni sia per quel che concerne il beatmaking che le liriche. Un primo assaggio del buon funzionamento di questo sistema c'era stato dato qualche anno fa con l'interessante Think Differently Music, ma solo con Chamber Music possiamo assaporarne il (quasi) completo sapore in (quasi) tutte le sue sfumature.
Quei "quasi" tra parentesi sono -lo dico subito- dovuti ad una cosa: questo disco è di una brevità spaventosa: 8 pezzi per appena ventiseiminutieduesecondi di musica. Proprio così. E mo' va bene che ho sempre elogiato la sintesi, va bene che GZA ha saggiamente suggerito di non allungare mai il brodo con le cazzate, va bene anche che tirarla in lungo con ritornelli può essere inutile, ma diocristo... Cioè, sei capace di mettermi insieme Rae, Sean P e Cormega e mi fai durare la canzone meno di tre minuti? Ma insomma, che carognata è!?! Corrisponde a dirmi "Hey, in quella stanza c'è Megan Fox nuda e bagnata. Puoi farci di tutto, anche prenderla a schiaffoni sul culone, queste sono le chiavi. Ah però mi raccomando, tra due minuti e trentasei secondi esci ché s'è fatto tardi". Aho ma sei scemo? Che condizioni sono?
Beh, questo è esattamente il capestro di Chamber Music, prendere o lasciare. Ora, così come non rifiuterei nemmeno un solo minuto di Megan Fox (almeno per un facciale basta), allo stesso modo mi faccio andar bene il misero minutaggio che qui mi viene concesso e prendo quel che passa il convento. E, a dirla tutta, il menu è decisamente buono: i nomi coinvolti sono tutti di alta qualità sia dal punto di vista dell'emceeing che delle produzioni. E partendo da queste ultime, sappiate che non c'è traccia nè di RZA, nè dei Wu-Elements; deus ex machina dell'intera operazione è infatti Lil' Fame, che coproduce tutti i beat, e soprattutto i Revelations, una band di Brooklyn che come diverse altre suona e compone musica rétro sulla scia del soul e del funk anni '70. Tuttavia, malgrado il coinvolgimento di strumentisti in carne e ossa, il sound complessivo mantiene comunque un effetto classico. I pezzi potrebbero infatti apparir come prodotti (molto bene, d'accordo) da una persona sola purchè estremamente competente, e alla fine, non essendoci particolari estri come assoli e altro, tutto sommato il risultato è quello di un album ben prodotto e che suona davvero bene. Lil' Fame alla fine probabilmente ha assitito e curato il solo mixaggio, dato che certe batterie o alcuni archi sono indiscutibilmente effettati per ricreare quel quid di sporcizia tipico del Wu degli esordi, ma comunque ha fatto un buon lavoro perchè in questo modo i suoni risultano ben diversificati e coerenti con le singole atmosfere.
Kill Too Hard, per esempio, è quasi minimalista nel suo ricorrere alle batterie come struttura portante del pezzo; lo stesso dicasi per Harbor Masters, mentre Radiant Jewels opta per una maggior cupezza grazie al superbo giro di archi, di una bellezza come non se n'era vista dai tempi di Publicity di GZA: indubbiamente il beat migliore dell'insieme, oltre che la canzone di punta del progetto (grazie anche agli ospiti, su cui tornerò più avanti). Niente male anche Evil Deeds, giocata tutta su una composizione di piano cupa lenta e sinistra durante le strofe e che progressivamente diviene sempre più tesa nei ritornelli; e dove quest'ultima potrebbe essere definita la Assassination Day di Chamber Music, I Wish You Were Here è senz'altro 260 o comunque qualsiasi pezzo in cui è stato campionato Al Green o Syl Johnson (l'omaggio -e non il plagio- è infatti evidente). Con ill Figures si torna invece alla ruvidità degli esordi del Wu, mentre Sound The Horns, pur viaggiando sulle stesse atmosfere, risulta enormemente più epica e movimentata; se ci avessero messo su qualche altro membro del Wu e l'avessero chiamata Protect Ya Neck 3: The Wu Strikes Back non avrei avuto nulla da ridire. Chiude infine NYC Crack, un titolo assolutamente idiota che però nasconde un'ennesima riuscita variazione sul tema «Wu-sound» nella sua accezione più algida. Insomma: come musica ci siamo, tutto è molto bello e tutto suona effettivamente come un eccellente omaggio al suono di Staten Island di metà anni '90: ottima idea e ottima realizzazione, quindi, bravi tutti.
E come emceeing? Beh, per quanto ci sia un po' troppo U-God e troppo poco GZA per i miei gusti, anche qui il livello è decisamente buono. Radiant jewels, di cui ho già elogiato il beat, vede la sua definitiva consacrazione a "pezzo della madonna" grazie al trio di Rae, Sean Price e Cormega, con quest'ultimo che ci regala una strofa da brividi e riuscendo così a bobbybrownizzare persino due giganti come i colleghi. Non da meno è sadat X, che su Sound The Horn trova uno sparring partner degno nel solo Inspectah Deck, il quale, dal canto suo e come del resto ci ha abituato, da il meglio proprio nelle collaborazioni. Chamber Music per lui non costituisce un'eccezione, e sia che lo si trovi in compagnia di Masta Ace (Kill Too Hard) che AZ e Ghostface (Harbor Masters) o, appunto, il buon vecchio 'Datty X, Ins se ne esce sempre a testa alta. Casomai, se proprio dovessi trovare qualche difetto, oltre alla sempre sconcertante mediocrità di U-God, ci sono la strofa di G-Rap, che non è male in quanto tale ma pare scritta per un altro tipo di beat, ed il featuring di tale Thea Van Seijen -che, ne sono certo, qualche saputone mi dirà essere una grande artista e blablabla ma che su NYC Crack non c'azzecca proprio per niente.
Comunque sia: stando a leggere quanto scritto, come voto potremmo trovarci nel reame del quattro o addirittura del quattro e mezzo, giusto? Beh, no. E nemmeno tanto per la brevità dell'opera, quanto per il fatto che questi otto pezzi sono intervallati da intermezzi musicali sui quali RZA ci snocciola saggezze a tutto spiano delle quali non solo non potrebbe fregarcene di meno, ma che spezzano l'ascolto in un modo oggettivamente insopportabile. Fossero state due o, toh, al massimo tre avrei potuto tollerare; ma così si abusa della logica dello skit, con l'effetto collaterla di farmi pensare male sull'onestà di una simile mossa: che vi abbian pistonato la bellezza di nove interludi per giustificare un prezzo pieno bnchè sia sostanzialmente un EP? Beh, meglio non pensarci; dopotutto, la carne al fuoco non è molta ma è saporita e, benchè quest'uscita sia stata oscurata da Cuban Linx II, direi che nessun (ex) fan sfegatato del Wu dei tempi d'oro può lasciarsi sfuggire Chamber Music.


6 commenti:

reiser ha detto...

Mah alla fin fine ok Tical, ma Judgement Day era robetta. Tical 0, come dici tu, lasciamolo stare; se guardi quindi alla bontà complesiva dell'output di Mef alla fin fine la situazione è quella di un MC come mille altri. Lui è bravo, chiaro, ma il suo orecchio per i beat è sempre stato un po' discutibile.
Non è GZA, ecco. Per quello valuto 4:21 abbastanza valido.

Dopium ha la prima metà prodotta da dio, in effetti la seconda l'avevo cancellata dalla memoria ma è davvero una porcheria. Che poi i Bloody Beetroots gli han fatto un remix... WTF?

Anonymous ha detto...

cmq verso la fine hai scritto bnchè invece di benchè...giusto x pignoleria...

MAK ha detto...

Judgement Day ha il solito problema dei troppi skit e qualche traccia risparmiabile. In realtà proprio qualche settimana fa me lo sono ascoltato in versione "personal cut" su winamp e mi ha spaccato ancora tranquillamente. Una curiosità Reis, la tua classifica degli album del Wu... :D

Anonymous ha detto...

FCK SQUAD..reality check i lowe you........ cmq grazie per i nomi dei jazzisti...yo

riccardo ha detto...

Oh ma spiegati meglio: se dici che vuoi nomi di jazzisti gangsta? (WTF?!) mi viene in mente giusto frank sintatra, detta così! lol

reiser ha detto...

Beh boh bah 'nzomma... a parte il nome da Bastard Sons Of Dioniso, in parte son d'accordo con te -cioè che rappano come se li avessero obbligati- ma anche i beat non mi entusiasmano, ti dirò

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