DE LA SOUL - THE GRIND DATE (Sanctuary Urban, 2004)

venerdì 12 novembre 2010

Il lavoro in ufficio non sembra diminuire, ma francamente la tentazione di scrivere dei De La Soul lo stesso giorno in cui esce sul mercato la nuova "fatica" dei Black Eyed Peas è troppo grande. Una sorta di ripicca? Forse. In fin dei conti la cosa è abbastanza logica, nel momento in cui i De La da sempre rappresentano l'ottica più ragionevole e seria con la quale osservare il rap in modo critico, fino al punto che spesso sono passati per cosiddetti "hater" (non a caso Aaron McGruder fa riferimento ad ambedue le cose nei suoi Boondocks e più precisamente nella figura di Huey) così come chiunque li ascolti. Tuttavia, questa loro fama è stata in parte sovraccentuata e, ben più grave, la conseguenza di ciò è che il gruppo di Long Island ha visto un calo di popolarità che, oltre a nuocere naturalmente ad essi stessi, nuoce all'ascoltatore.
Un ascoltatore che, a meno che già non li conosca o non abbia un atteggiamento attivo nei confronti della musica, seguendo i dettami del mercato discografico di massa finisce col farsi un'idea del rap non solo sfalsata ma anche oggettivamente povera e dunque penalizzante. Certamente si potrebbe controbattere che in fondo i precedenti AOI non fossero tutto 'sto granché né dal punto di vista artistico e men che meno da quello commerciale, specialmente Bionix, ma ciò non può e non deve penalizzare un gruppo che fin dagli esordi ha saputo evolvere il proprio stile riuscendo al contempo a mantenere intatta la propria identità. The Grind Date rientra appunto in questa categoria di dischi: uscito abbastanza in sordina nel 2004, esso si può definire come il ritorno in forma del trio dopo la perdita di smalto dei due precedenti lavori. Con alle macchine J Dilla, Madlib, Jake One, 9th Wonder e Supa Dave West da un lato; Ghostface, Common e MF Doom al microfono dall'altro, appare evidente che non solo i Nostri vogliono rinfrescare il loro sound ma che anzi lo vogliono portare avanti rispetto a quello vigente nel 2004. Ebbene, ciò gli riesce magnificamente: su un totale di dodici tracce (tredici se si conta la traccia bonus europea) sono pochi i momenti in cui si è tentati di skippare canzone e, anche in questo 2009, The Grind Date suona più fresco di molti altri prodotti contemporanei.
Il breve ascolto (siamo di poco sopra ai 50 minuti) riesce infatti a proporre la novità acustica di una Shopping Bags con l'ibridazione tra passato e futuro dell'ottima Verbal Clap, senza però per questo scordarsi di certe atmosfere tipiche dei Native Tongues (vedi Days Of Our Lives) oppure l'approccio più strettamente boombapparo di Rock Co.Kane Flow. In tutto ciò sia Maseo, sia Dave, sia il sempre immenso Posdnuous aka Plug One (ma quando verrà riconosciuto che è uno dei migliori emsì della storia? Eh? Quando!?!) riescono a stare sul beat nel migliore dei modi, ad imperitura dimostrazione del fatto che talento e fossilizzazione sono sempre incompatibili. Per di più, la tradizionale agilità con la quale sanno passare da temi più leggeri ad altri più impegnativi senza però risultare frivoli o pedanti vede qui un'ennesima conferma; cosa da me molto gradita, questa, perché mi consente di ascoltare un disco provando piacere nel farlo ma conservando integro il mio QI.
Verbal Clap, per dire, di per sè ha ben poco significato ma i De La riescono comunque a seminare piccole chicche quà e là, e dove il concetto non è forte allora lo è la forma: vedi ad esempio la frase "Some call 'em songs, I call 'em words from me that take long to cook/ So some feel free in sayin that we don't hunger for beats, not that we not hungry, just picky in what we eat". Oppure anche Shopping Bags, per il cui beat ammetto di non stravedere ma che dal versante lirico gode di una doppia lettura: parrebbe infatti un pezzo in cui scrivono delle shopper ma in realtà sono semplicemente osservazioni su materialismo e consumismo.
Ma naturalmente c'è anche spazio per testi più diretti, e così eccoci a Grind Date (sul lavoro in generale, cfr.: "The meek shall inherit the earth but don’t forget/ The poor are the ones who inherit the debt"), Church e Days Of Our Lives, in cui su uno splendido tappeto sonor fornito da Jake One Common regala una delle sue prestazioni più convincenti. E, dimenticavo: gli ospiti sono tutti (ad eccezione di Yummy, che fa ride i polli) qui presenti nella loro forma più competitiva e pertanto i featuring sono realmente un valore aggiunto: questo vale sia per Ghostface che per MF Doom, ma anche per un Carl Thomas che di fatto mette la cosiddetta ciliegina sula torta nella stupenda It's Like That.
Ed in quanto a beat è davvero difficile stilare una classifica dei più belli. Certo è che i contributi di Dilla impressionano, ma anche Jake One non scherza (il lavoro che fa col pitch in Rock Co.Kane Flow è impressionante); tuttavia reputo che sia Dave West quello a cui vanno fatti i maggiori complimenti, vuoi anche solo perchè la più parte del lavoro la fa lui. E tra una purtroppo breve The Future, l'eccellente It's like That e l'altrettanto valida He Comes preferisco dedicare maggior spazio a lui che non a gente la cui bravura è fuori discussione. Uniche note dissonanti sono per me Shopping Bags, che non reputo rientrare nel gotha delle produzioni di Madlib, e la nainfuonderiana Church, la quale secondo me ricade nella formulaicità tipica del produttore della North Carolina e, come aggravante, non gode nemmeno dell'orecchiabilità tipica della sua scelta di sample.
Si tratta comunque di sviste di secondo o terzo piano, nulla comunque capace di danneggiare concretamente un lavoro che io reputo essere eccellente e senz'altro all'altezza (se non migliore) di Stakes Is High. Glisso volutamente sulla secondo me tremenda Shoomp in quanto bonus track esclusivamente europea e chiudo con un consiglio: oltre che ascoltarlo, ovviamente, compratelo originale. Non solo per il consueto discorso dell'impegno che va retribuito e bla bla bla, ma anche perchè il booklet è uno dei più belli e ben pensati che abbia visto negli ultimi dieci anni (fatto a calendario, su ciascuna pagina è riproposta una veste grafica tipica dell'estetica hip hop degli inizi).




VIDEO: SHOPPING BAGS

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