SLAUGHTERHOUSE - SLAUGHTERHOUSE (Koch, 2009)

martedì 29 settembre 2009

Vediamo di giocare a carte scoperte fin dall'inizio: se state leggendo questa recensione in questo blog è solo perchè una sorta di etica da giornalista m'impone di scriverla. Mi spiego: se un omosessuale riuscisse a partorire, anche l'Osservatore Romano sarebbe costretto a parlarne -magari in una spalla o un trafiletto in corpo 4, ma ne parlerebbe- in quanto trattasi oggettivamente una notizia. E così farò io, per quanto, piuttosto che scrivere di questo disco, preferirei prendermi a fucilate nelle rotule.
Che quest'album abbia infatti un valore che prescinde dalla musica è innegabile, e ciò si deve principalmente all'attezione ricevuta ben prima dell'uscita ufficiale: credo infatti che chiunque, non appena saputo che il quartetto di Royce The 5'9'', Joell Ortiz, Joe Budden e Crooked I avrebbe pubblicato un disco insieme, si sia fatto una sega pregustando una sorta di classico. Su internet i digiuni di liriche sbavavano copiosamente aspettandosi risultati all'altezza dei nomi dei quattro, e quando poi sono usciti i nomi di alcuni dei produttori coinvolti (Alchemist, Mr. Porter, DJ Khalil) mancava poco che la blogosfera implodesse sotto i colpi degli aggettivi iperbolici che si riuscivano a trovare per quest'opera. Poi però il disco è uscito, e in una settimana ha floppato così clamorosamente (18000 copie, non sui livelli degli MOP ma comunque un risultato deludente) che alcuni hanno ribattezzato l'intero progetto "Laughterhouse".
Personalmente, al di là del trovare divertente il gioco di parole, non sono rimasto colpito da questo fatto e, soprattutto, delle vendite non me ne potrebbe fregare di meno. In fondo, pur trattandosi davvero di un risultato deludente la cosa non mi tangerebbe minimamente ed in fondo credo di possedere più dischi detentori della targa d'alluminio che non bestseller. Oltretutto, il fenomeno del leaking ha oramai raggiunto proporzioni gargantuesche e sebbene ancora fatichi a capire dove si possa trovare il problema quando questo avviene pochi giorni prima del lancio ufficiale, pare che molte pubblicazioni ne risentano. O, per meglio dire, ne risentono le pubblicazioni che, come si usa dire in slang, «non beccano un cazzo». Con questo intendo dire che se un album merita, il leaking di breve termine può addirittura funzionare da pubblicità (vedi Raekwon), mentre se si tratta di un prodotto di qualità media questo ha il 50% di possibilità di influenzare le vendite; di conseguenza, se il prodotto è invece debole è ovvio che nell'immediato ne risulterà danneggiato. E questo è secondo me esattamente ciò che è successo con Slaughterhouse, che malgrado tutte le promesse di liricismo portato agli estremi livelli e blablabla alla fin fine è un dischetto che conferma il teorema che vuole il concetto di supergruppo come potenzialmente fallimentare.
Contrariamente a quanto ho sempre fatto con le mie recensioni, ovverosia entrare nel dettaglio pezzo per pezzo per tracciare infine un quadro complessivo, stavolta preferirei restare più sui generis e menzionare casomai le canzoni a mo' di esempio. Questo perchè Slaughterhouse presenta dei difetti ricorrenti così madornali che procedere in senso inverso comporterebbe una ridondanza noiosa forse più del disco stesso.
Veniamo al dunque: in teoria, un supergruppo dovrebbe consistere di svariati personaggi altamente competenti nelle loro diverse aree di specializzazione oppure ugualmente eccelenti nella medesima categoria. La prima opzione avviene solitamente in generi musicali come il rock o, in senso più ampio, nel jazz, dove servono più persone per craere un pezzo completo; la seconda invece trova la sua concretizzazione in tutti quei generi dove per creare la base musicale basta un unico individuo. In ogni caso, gli scopi principali sono gli stessi: in primo luogo cercare di riassumere la crème de la crème dei vari talenti coinvolti in un unicum, ed in secondo quello di spingere la competitività dei vari membri mentre al contempo dovrebbero di fatto essere obbligati a spingersi al di fuori del loro solito ambito di competenza. Ebbene, nel caso di Slaughterhouse si può anche essere d'accordo sul raggiungimento del primo obiettivo, mentre sul secondo non è posibile non ravvisare un fallimento su tutta la linea.
Io difatti non vedo un briciolo di alchimia concreta in alcuna di queste quindici canzoni, così come non vedo nessun tipo di voglia di provare a spingersi al di fuori di terreni già esplorati. L'unica cosa che c'è è la competizione interna -ed è meglio di niente, d'accordo- ma per il resto ognuna delle varie strofe potrebbe tranquillamente venire spostata sui rispettivi album senza alcun tipo di incongruenza; peggio ancora, non ci sarebbero problemi a vampirizzare, che so, tre strofe di Crooked I da tre diverse canzoni e riassumerle in un pezzo unico. Sarebbe pure facile, visto che comunque si spartiscono gli spazi in maniera regolare e prevedibile -16 barre a testa e avanti il prossimo- per cui... Ora, mi si potrà opporre che in realtà qualche pezzo un po' più strutturato che il semplice battle rap ci sia: The One, Pray o Rain Drops, ma trovo che sia un po' poco, nel senso che persino l'album della Firm era, pur nella sua bruttezza, un pochino più arguto in tal senso.
Altra cosa: il problema di questa gente è che persino all'interno del battle rap l'impostazione è sostanzialmente identica. In pratica ognuno di loro intende l'autocelebrazione allo stesso modo, e persino la logica delle loro punchline è fondamentalmente la stessa; ovviamente questo comporta un'omogeneità tale da essere accettabile per una o magari due posse cuts, ma per un disco intero? No. Ed infine, last but not least, a parte una minima di originalità nella scrittura mostrata in The One (in cui fanno giochi di parole, rime ecc. usando i nomi di gruppi rock), non vediamo nulla di tecnicamente più avanzato della forma "rima-rima-rima-punchline" o giù di lì. Cosa che in fin dei conti ti fa giungere alla fine dell'album -se uno ha la pazienza di farlo, s'intende- con addosso un velo di indifferenza che, nel momento in cui finalmente i quattro si aprono un po', ti fa dire "ma chemmifrega del vostro struggle, andate a fare nel culo!"
Ora, ammetto che forse sono un po' crudele, ma cosa ci volete fare? Alla fin fine l'ho pure comprato 'sto sottotazza ed ho tutto il diritto di smontarlo in tanti pezzi quanti sono gli euro che m'è costato. E se lo smonto con questa ferocia non è solo perchè il quartetto ha ampiamente dimostrato di non sapere da dove cominciare per fare un album a più mani, preferendo il pilota automatico "ché tanto sono bravo a rappare", ma anche perchè persino in quest'ottica miope non sono stati capaci di usare beat di qualche valore. Alla fin fine quelli che salvo, ma solo perchè per una volta tanto si prestano bene alle rappate, sono: Lyrical Murderers di tale Focus (semplice nota di piano, cupo, dal tono marziale); Microphone di Alchemist (batterie spezzate, giro di synth sinistro e campione di Rakim a far da ciliegina sulla torta); e, infine, Salute di Mr. Porter (il taglio blues del campione gli conferisce una certa sobria personalità). Stop. Per il resto vaghiamo o nel reame dell'anonimità oppure della cagata pura e semplice, con DJ Khalil che sorprendentemente svetta in questa disciplina (!): le sue The One e Cuckoo fanno incredibilmente pena, sia per la loro ripetitività che per la scelta dei campioni che, soprattutto, per la loro stupida fracassoneria fine a sè stessa. Non molto meglio va per Emile, anch'egli evidentemente rimasto intrappolato nel maelstrom della genricità che inghiotte tutto l'album; e se le sue Onslaught e Killaz sarebbero perlomeno passabili su un mixtape di uno scemo random di New York, spero di non sentire mai più le robe di Streetrunner se non su dischi di Juelz Santana o Smitty -tanto non li compro e almeno mi risparmio questo brodo di carenza d'orecchio, mancanza di gusto e personalità insulsa. E il resto? Passabile e basta, riempitivi che sarebbero accettabili in altri casi ma che qui non fanno nulla per risollevare le sorti di questa specie di mostro di Frankenstein musicale.
Insomma, per una volta tanto sono d'accordo con gli esiti commerciali: se Slaughterhouse non vende una sega nonostante il tam-tam mediatico è perchè è sostanzialmente un disco fatto male sotto pressoché tutti i punti di vista e che, personalmente, sconsiglio fortemente a chiunque abbia a cuore la salute delle proprie orecchie ma soprattutto dei propri testicoli. Tolte tre canzoni -di cui in realtà solo una mi piace davvero- il fallimento è pressoché totale, seppur in termini relativi. E sottolineo "relativi" per un motivo: perchè dopotutto, il minimo che si possa dire è che i quattro sanno rappare. Non c'è dubbio. Solo che non sanno fare canzoni e men che meno dischi, almeno come gruppo -paradossalmente, Bodega Chronicles o un Mood Muzik a caso si rigirano 'sta patacca come e quando vogliono, pur non essendo questi dei capolavori. Insomma, è solo per questa loro bravura tecnica che, in nome dell'oggettività, affibbio a Slaughterhouse un tre scarso; come esercizio di stile passa e si salva in zona Cesarini, ma come oggetto d'intrattenimento la sua unica fortuna è di avere una forma circolare e di poter perciò essere usato come frisbee al parco.




VIDEO: THE ONE

7 commenti:

Anonymous ha detto...

prima che uscisse se ti ricordi ti feci un paragone con i the firm...beh penso che quel paragone che calzava in via ipotetica ora calza realmente...

RARASHIXXX

MAK ha detto...

Io mi trovo sostanzialmente daccordo con BRA, sebbene abbia ascoltato il disco solo una volta praticamente...
Aldilà dell'affiatamento di gruppo e varietà nei modus operandi, che in casi come questo posso pure sorvolare, ma i beats... i beats sono quanto più di terribile abbia sentito ultimamente. Sapevo che Joe Budden sceglie i beats peggio di AZ, Crooked I non mi pare sia un gran selecta, mentre Joell e Royce invece, qualcosina di meglio ogni tanto la pescano. Confidavo un pò in loro ma nada. Non so chi abbia avuto la brillante idea di chiamare il Faraone solo per un hook cantato, ma i beats sono sicuramente scelti da Nas.

Anonymous ha detto...

Senti ma un sito dove vedere come vanno le vendite dei dischi che non siano solo madonna o rihanna?

bella

ck

Anonymous ha detto...

La seconda delusione del 2009...anche se non è che mi aspettassi una vera bomba.
Le basi fanno pena,ma anche loro non mi son piaciuti.
Per la cronaca la prima delusione è blackout 2.

Cazzo,ma anche a voi quando vi arrivano i cd da internet 1 volta su 3 hanno un graffio sulla cover?E che palle!

CryNStay

reiser ha detto...

No, se son nuovi no, han sempre su la mutanda
Comunque irritarsi per un graffietto su una cover per me equivale ad una sottile forma di autismo

Blackout 2 è meno peggio di questo. L'ho detto, e spero che Antonio non passi di qui visto che a lui Laughterhouse è piaciuto. B2 sarà pure loffio ma alla fine si fa ascoltare mooolto più volentieri IMHO

reiser ha detto...

Due eccezioni? Esagerata; Hip Hop, 125 Grams, Modern Day Slavery, Caught Up son solo quelle che mi vengono in mente
The Brick nel complesso m'era piaciuto

E poi boh comunque "commerciale" mi pare francamente esagerato, al limite speravano di vendere di più del solito ma questo mi pare legittimissimissimo

reiser ha detto...

LOL @ Antonio
Se avessi scritto qualcosa tipo "aspettiamo solo te che gli dia dei beat più belli" credo che avrei eretto un monumento in tuo onore

Comunque a me 'sto disco non solo ha deluso -il che era scontato- ma ha proprio fatto scagazzare. Secondo me i Mood Muzik sono migliori, comunque, a 'sto giro con le basi han pestato delle merde che giusto Nas

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