JOHNSON&JONSON - JOHNSON&JONSON (Tres Records, 2008)

venerdì 20 febbraio 2009

Recensioncina a razzo, ché alle 16 mi levo dai coglioni e vado a farmi un paio di giorni a Firenze: Blu e Mainframe alias Johnson&Jonson con il loro omonimo disco d'esordio. Il duo californiano, formatosi ad hoc per la realizzazione di questo progetto (che però nasceva come mixtape da accludere a Below The Heavens), deve buona parte della sua fama al rapper Blu; quest'ultimo, infatti, in soli due anni e mezzo ha generato attorno a sè una considerevole dose d'attenzione grazie ai lavori svolti in compagnia dei produttori Exile, prima, e Ta'raach dopo.
Inannzitutto, non nascondo che Below The Heavens m'era parso come uno degli album dalle produzioni più insipide degli ultimi anni (cfr. ciò che scrissi in merito alla prevedibilità musicale dei rapper "conscious") e di conseguenza ultrasopravalutato, mentre il successivo The Piece Talks mi aveva fatto pensare ad una virata hipster che mi avrebbe portato infine a spostare Blu nel reparto degli MC bravini dei quali però poco me ne potrebbe fregare (il principe di quel girone del mio personale inferno reppuso è Lupe Fiasco, se vi interessa saperlo). Fortunatamente per voi e per me, però, in un empito emofighetto della mia vita decisi di dare un'ultima chance al Nostro scaricando l'ultima sua fatica, J&J appunto, insospettito anche dal nome del produttore Mainframe -nel mio trip m'era venuto il dubbio che si potesse trattare del Mainframe citato da Common in I Used To Love H.E.R., pensa te; prevedibilmente, i due omonimi alla fine non c'entravano una beata minchia, ma in compenso questo qui dimostra un eclettismo ed una versatilità al campionatore come non ne sentivo da qualche tempo.
Per intenderci: prendete l'Edan di Beauty And The Beat e fategli un'iniezione di soul e funk e non andrete troppo lontani dal farvi un'idea dello stile di Mainframe. Le sue produzioni infatti hanno un suono che è al contempo fresco nei modi e classico (o rispettoso del gusto hip hop) nell'effetto finale sull'ascoltatore; contrariamente ad altri suoi colleghi, i suoi beat sono indubbiamente riconoscibili come prodotti di una matrice rappona ma altrettanto indubbiamente si nota come il suo lavoro nella programmazione delle batterie e nel taglio dei campioni non si sia fermato alla (peraltro rispettabilissima) scuola di Premier e Pete Rock. Egli infatti riesce a riproporre il mood dei tardi anni settanta (Wow) così come del soul dei primi '60 (The Only Way), senza però lasciare intoccati il funk (The Gusto Room), un pizzico di prog rock (A Perfect Picture) e financo i classici (Hold On John che campiona -sì- John Lennon).
Contestualmente, Blu su questo genere così diversificato di ritmi ed atmosfere dimostra una versatilità stilistica che era del tutto assente nel suo pur acclamato esordio al microfono: giocando anche molto con effetti applicati alla sua voce (distorsori di vario genere, principalmente) egli sa fondersi nella musica di Mainframe senza alcun tipo di difficoltà e senza risultare in nessun modo forzato. Forse facilitato dal non trattare temi particolarmente complessi e soprattutto non dedicando ad essi intere strofe dotate di consecutio logica, il Nostro plasma la metrica a suo piacimento riuscendo ad indovinare esattamente come si dovrebbe andare a complementare il beat. In quest'ottica egli sorpassa di parecchie spanne il rigido Edan, facendo così sorgere una naturale curiosità nell'immaginare a cosa potrebbe portare un incontro tra i due. Ma leziose fantasie a parte, il punto è che l'innata godibilità dei beat di Mainframe giova enormememnte da un Blu che contenutisticamente decide di andarci relativamente leggero e favorisce i giochi di parole, l'umorismo ed una bona dose di spacconeria (non fastidiosa, fortunatamente) rispetto all'introspezione -sincera e lievemente scoglionante- di below The Heavens.
Il risultato si condensa quindi in appena 45 minuti di musica stavolta davvero eccellente e che riesce a trovare un suo perchè tanto più ci si addentra del campionario di suoni e metriche del duo; la relativa brevità dei pezzi (una media di circa 2'30'' ciascuno) non produce schizofrenia ed anzi ne favorisce un ascolto ripetuto, che diventa poi obbligatorio per poter apprezzare le varie sfumature di J&J. va da sè che oramai gira nell'Ipod da tempo e, considerando che per andare giù dai toscani prenderò il temibile interregionale Partenopeo (nome proprio), ho come l'idea che avrò modo di riascoltarmelo più d'una volta.


1 commenti:

SER ha detto...

veramente bello!

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